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I bagni galleggianti e le gondole idromassaggio che nell’Ottocento dominavano il Canal Grande

Approfondimenti

Gli insoliti stabilimenti balneari galleggianti affacciati sulla Laguna

Sembra surreale se si immaginano le particolarità che attualmente caratterizzano la città, ma quando verso la fine del ‘700 l’Europa riscopriva la pratica salutista dell’immergersi nelle acque del mare, Venezia non si lasciò sfuggire l’opportunità di dar vita a particolarissimi stabilimenti balneari. Il primo risale al 1908 e porta la firma di Giannantonio Selva, l’architetto che ha realizzato anche lo splendido Teatro La Fenice. Si trattava di un progetto studiato appositamente per i Giardini di Sant’Elena, con cui Selva si poneva l’obiettivo di offrire ai veneziani un luogo di svago che abbracciasse l’acqua in modo inusuale.

 

La realizzazione del primo vero e proprio stabilimento di bagni galleggianti si deve però a Tommaso Rima, il medico svizzero che dal 1807 fu a capo della chirurgia negli ospedali militari della penisola. La medicina, ormai da qualche decennio, supportava i benefici dei bagni termali ed era sempre più focalizzata sulla conformazione morfologica della laguna veneziana, esaltandone la qualità delle acque: non violente e irruente come quelle marine, ma nemmeno stagnanti. I Bagni di Rima, fino agli ultimi anni dell’800 ancorati a Punta della Dogana tra giugno e settembre, ospitavano al loro interno una piscina, un caffè e un’ampia sala ombreggiata da alcune tende, aperta su due loggiati che si affacciavano su San Marco. Le opzioni tra cui poter scegliere per rilassarsi erano varie: c’erano alcune camere che offrivano la possibilità di fare bagni caldi o freddi, ad acqua o a vapore, oltre a un barcone ancorato allo stabilimento che permetteva di immergere i piedi in Laguna. L’aggiunta straordinaria era una vera e propria gondola idromassaggio, strutturata tramite un sistema di griglie.

 

E di Fisola vi ricordate? L’imprenditore di Pellestrina che ha inventato le famose Capanne del Lido, di cui potete leggere qui, aveva altre idee, che non ebbero la stessa fortuna di quelle pensate per l’isola. Aveva l’ambizioso progetto di allargare Riva degli Schiavoni, dotandola di uno stabilimento composto da 150 vasche, sale da ballo, ristoranti, giardini e un teatro. Venne però bloccato dal governo austriaco, che bocciò la sua proposta per quelli che vennero definiti problemi di sicurezza militare. Dalla metà del secolo la sua attenzione si spostò sul Lido, a cui si ancorò per la gestione del futuro dei bagni in acqua salata.

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